Siamo proprio persi: tutti i popoli che “distratti” (o forse miopi) loro rappresentanti hanno soggiogato alla deleteria e sempre più arrogante tirannia degli imperi finanziari. Lo raccontano crudamente i fatti e lo accennano in modo edulcorato le cronache: i non eletti (alacremente coadiuvati dai “non statisti” di turno) pretendono di comandare “in toto” gli stati sovrani e se necessario di “cancellarli”, usando all’uopo tutte le armi e gli strumenti consentiti da leggi e regolamenti quantomeno strani (ma “regolarmente” imposti). E le dichiarazioni , le interviste, proclami rilasciati sembrano tanto riecheggiare lo stile di risse e battibecchi sportivi.
Noi Siciliani ci distinguiamo. Noi non siamo persi: come ipnotizzati da manfrine trite e ritrite ed accecati dai bagliori dei bronzei sorrisi che le alte sfere politiche ed amministrative ci dedicano stiamo correndo verso il baratro della perdizione.
Dovremmo chiederci e chiedere perché e come mai! Dovremmo usare l’arma elettorale con scienza e coscienza! Dovremmo riconquistare la nostra libertà interiore ed operativa, quella che spezza le catene degli inganni e dei condizionamenti! Ma no: noi siamo noi e non accettiamo consigli da nessuno! Noi (su invito dei partiti) eleggiamo i politici che poi divinizziamo (se conquistano grande visibilità) e da loro non accettiamo ordini ed imposizioni (così diciamo)! Fatti salvi i casi (ricorrenti anche in cronaca e promesse) in cui viene offerta gradevole contropartita (fosse anche solo l’”accecamento”, l’”azzoppamento”, il depauperamento di un vicino o di una categoria invisa). Potenza dell’onnipotenza (scusate il gioco di parole) acquisita per privilegiati percorsi e per arcani voleri: conferisce l’inamovibilità, insindacabilità, l’intoccabilità, la supremazia su ogni potere, legge e quant’altro possa minimamente scalfire la “deità” raggiunta ed i connessi appannaggi (mitologicamente appena sufficienti per il loro nutrimento a base di nettare ed ambrosia e per le loro olimpiche dimore).
Abbiamo sfiorato la problematica elettorale, perché continuiamo a sperare nella liberazione. Non ne siamo proprio convinti del tutto, ma umanamente speriamo.
Da un poco di tempo ci chiediamo (nella mutevolezza delle sigle, degli orientamenti, delle alleanze, dei “carrocci” e nella eternità dei volti) dove sono finiti i partiti, i programmi, i volti nuovi, gli uomini liberi e di buona volontà, il merito, la giustizia …
Troppi ci sono sembrati membri di varie consorterie di tifosi (ognuno con il suo campione preferito) sparsi un po’ ovunque a contattare il riverito (per l’occasione) cittadino-elettore. E nel rituale sfoggiato non c’è poi grande differenza. Queste sono le stimolazioni più ricorrenti: con noi (o con questo) stavolta si cambia “registro”; il nostro uomo è l’unico grande “risolutore”; non sarà più come prima, perché raggiungeremo la perfezione di governo; noi non siamo come gli altri (di prima e di ora); niente più sprechi; niente più favoritismi; trionferà il merito; niente più ruberie; via gli incapaci ed i corrotti; legge e giustizia regneranno sovrane; saranno tutelate sanità e socialità … Salvo poi sussurrare ad un orecchio: magari per qualche amico si può fare una piccola deroga.
Promesse, tante belle promesse, tutte e da tutti e per tutti uguali, pur con le inevitabili, necessarie e dovute variazioni semantiche. Si diceva una volta: “Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”. Con questi nostri personaggi è il caso di dire: “Tra i due universi paralleli del dire e del fare c’è il mare del nulla”.
Avete notato come rispondono (loro o i loro “tifosi”) quando sono pescati “con le mani nella marmellata”? Puntano subito l’indice accusatore verso i reclamanti e verso quelli di prima. Più o meno sbattono in faccia risposte del tipo: ti abbiamo tolto la “mangiugghia”?; lo facevano anche gli altri prima di noi; facciamo quello che altri hanno fatto prima; la legge ce lo consente (anche se non è sempre esattamente vero); noi siamo puliti, voi e gli altri no; ed allora?
Promettere scientemente l’impossibile pronti a scaricare le colpe sui predecessori; utilizzare tutti i mezzi, i sotterfugi ed i collaboratori dei reietti devastatori di prima (come possono i santi avere fiducia degli aiutanti dei “demoni” o malavitosi del passato?); prendere in giro ed infangare pubblicamente i cittadini-elettori: non è infima e spietata ipocrisia questa?
Soprattutto poi avete mai pensato che il richiamare i predecessori e le loro colpe per giustificare o sminuire del tutto le proprie è sintomo di un assoluto vuoto morale, etico, culturale, mentale: chiunque potrebbe essere tentato di commettere qualsiasi nefandezza “giustificandosi” con il dire che qualcuno l’ha fatta prima. Magari qualche folle potrebbe pericolosamente andare indietro di decenni o secoli: tanto sempre di prima si tratta!
E poi promettere di chiudere con il passato ed essere sempre pronti a rivangarlo per “giustificarsi” non è ipocrisia allo stato puro? Dov’è la discontinuità ed il rinnovamento se ogni motivazione è valida per perpetrare e perpetuare i mali del passato?
Ci sembra proprio che i maestri del tifo dell’ipocrisia o siamo noi tutti o sono tra noi: urla, feste, contestazioni, legnate e moralismo gratuito.